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04/02/2020
Volume miscellaneo che raccoglie interventi e conversazioni di Giussani con i responsabili degli studenti universitari di Comunione e Liberazione svoltisi negli anni 1986 e 1987 (Equipe del CLU); si tratta del quinto volume della serie “L’Equipe” edito nella nuova collana “I libri di Luigi Giussani”.
I testi, raccolti in ordine cronologico, sono preceduti dalla prefazione La rinascita dell’io, redatta da Julián Carrón (pp. I-XIV).
Ogni Equipe è anticipata da una nota storica a cura di Onorato Grassi (in corsivo nel testo) che contestualizza l’evento; in occasione della redazione del presente volume tutti gli scritti sono stati rivisti sulla base della documentazione, scritta e audio, conservata nell’Archivio della Fraternità di Comunione e Liberazione. È stata mantenuta la forma orale dei dialoghi e delle conversazioni (p. 6).
1986
“Una storia” (pp. 7-56) raccoglie i testi inediti di due incontri svoltisi durante l’Equipe che ebbe luogo dal 18 al 20 gennaio 1986 a Riva del Garda: “Assemblea” (pp. 8-36) e “Sintesi” (pp. 37-56).
Il capitolo “Il punto rosso” (pp. 57-146) riporta gli interventi di Giussani e i dialoghi con gli studenti avvenuti durante l’Equipe tenutasi a Corvara dal 20 al 25 agosto 1986: “Introduzione” (pp. 59-62), “Lezione” (pp. 63-86), “Assemblea” (pp. 87-114), “Serata su Clemente Rebora” (pp. 115-127) e “Sintesi” (pp. 128-146). Precede gli scritti il testo del Volantone per la Pasqua 1986 (pp. 58-59), si tratta di una citazione di Joseph Ratzinger dal volume Introduzione al cristianesimo (Queriniana, 2005, p. 82; prima edizione 1968).
1987
In “Chernobyl” sono proposti i testi di due incontri svoltisi a Rimini tra il 31 gennaio e il 2 febbraio 1987: “Assemblea”, testo inedito che propone integralmente la conversazione tra l’Autore e gli studenti (pp. 150-1850), e “Sintesi” (pp. 181-196).
Della “Sintesi” (pp. 181-196) esistono precedenti pubblicazioni in forme diverse:
A) Nel maggio 1987 un sunto dell’intervento di Giussani è pubblicato in CL-Litterae Communionis con il titolo “La persona contro il potere” (5 1987: pp. 14-17. Con traduzioni); nel 2000 il testo sarà riproposto senza variazioni nel volume miscellaneo L’io, il potere, le opere: Contributi da un’esperienza, con il titolo “Tra Barabba e lo schiavo frigio” (Marietti, 2000, pp. 39-43. Con successive traduzioni).
B) Sempre nel 1987, nel mese di luglio, la rivista Il Sabato pubblica l’intervento di Giussani con il titolo “Come parlare di Cristo ai giovani” (Il Sabato, luglio 25, 1987, pp.19-20), in una forma molto più ampia rispetto a quella precedentemente uscita su CL-Litterae Communionis; in questa stessa forma lo scritto è rieditato nel volumetto Si ricomincia da Uno: Appunti da conversazioni di monsignor Luigi Giussani con gli universitari di Comunione e Liberazione con il titolo “La persona rinasce in un incontro” (supplemento a Il Sabato, dicembre [24], 1988, pp. 67-81. Testo non rivisto dall’Autore).
C) Nel 1993, il testo edito in Il Sabato (luglio 25, 1987) è pubblicato, dopo revisione, nel volume miscellaneo Un avvenimento di vita, cioè una storia: Itinerario di quindici anni concepiti e vissuti: Interviste, conversazioni, interventi di monsignor Giussani a partire da registrazioni, non rivisti dall’autore (a cura di Carmine di Martino. EDIT: Il Sabato, 1993, pp. 209-217) con il titolo “La persona rinasce in un incontro”; in questa forma e con lo stesso titolo, nel 1997 è riproposto dalla rivista 30 Giorni (3 1997: pp 39-46. Con traduzioni).
Chiude il capitolo l’“Omelia” pronunciata durante la messa (pp. 197-198).
“La persona e il potere” (pp. 200-257) raccoglie i testi dell’Equipe svoltasi a Rimini dal 16 al 18 maggio 1987. Il capitolo si apre con il testo del Volantone pubblicato in occasione della Pasqua 1987 (pp. 200-201), che contiene una frase di Václav Bělohradský tratta da “L’epoca degli ultimi uomini”, intervista rilasciata per il periodico L’Altra Europa (6 1986: p. 5), e una frase tratta dal vangelo di san Matteo (20, 24-28).
Seguono i testi inediti dell’“Assemblea” (pp. 202-235) e della “Sintesi” conclusiva dell’Autore (pp. 236-257).
Il capitolo dal titolo “Tutta la vita” (pp. 259-426) riguarda l’Equipe estiva svoltasi a Corvara dal 20 al 25 agosto 1987. Il testo si apre con l’“Omelia” (pp. 260-263), a cui fa seguito l’“Introduzione” (pp. 264-288). Nella parte intitolata “Comunicazione” (pp. 289-295) Giussani riferisce dell’incontro che ebbe con papa Giovanni Paolo II a Castel Gandolfo tre giorni prima dell’Equipe del CLU, e dell’invito ricevuto dal Santo Padre a partecipare al Sinodo dei Vescovi, in programma a Roma nell’ottobre del 1987.
Segue “Assemblea 1” (pp. 296-339), che riporta la conversazione che l’Autore ebbe con gli universitari a partire dall’intervista a cura di Angelo Scola “Il potere del laico, cioè del cristiano” pubblicata sulla rivista 30 Giorni (8 1987: pp. 39-51. Con traduzioni). L’assemblea si chiude con un intervento di Václav Bělohradský, filosofo cecoslovacco, a quel tempo docente di Sociologia all’Università di Genova, autore della frase scelta per il Volantone di Pasqua di quell’anno, incentrata sul rapporto tra la persona e il potere.
Durante la “Serata su Emmanuel Mounier” (pp. 340-347) Giussani lesse e commentò alcune lettere di Emmanuel Mounier alla moglie. Il testo qui proposto non è una prima pubblicazione, nel 1996, infatti, era già stata editato nel volume miscellaneo Le mie letture con il titolo “Ravvivare l’umano” (BUR, 1996, pp. 161-167; BUR, 2008, pp. 163-169. Con successive traduzioni). Il testo dell’Equipe si differenzia in alcune parti da quello contenuto in Le mie letture perchè, come in tutti i volumi della serie, è posta particolare attenzione alla forma orale originale dei dialoghi stabilita sulla base della documentazione scritta e audio conservata nell’Archivio della Fraternità di Comunione e Liberazione.
Seguono i testi inediti di “Assemblea 2” (pp. 348-405) e “Assemblea 3” (pp. 406-426).
Una sintesi delle assemblee è riportata nell’articolo, senza firma dell’Autore, intitolato “Comunione è Liberazione” in CL-Litterae Communionis (10 1987: pp. 14-18. Con traduzioni).
In “Appendice” sono raccolti i testi dei primi Volantoni di Pasqua: “Pasqua 1982. Cristo la compagnia di Dio all’uomo” (pp. 429-433), “Pasqua 1983. Le Christ est ressuscité” (pp. 434-435), “Pasqua 1984” (p. 436) e “Pasqua 1985” (p. 437).
Il volume si chiude con la “Legenda” (pp. 439-442), gli “Indici” (pp. 443-459) e il “Sommario” (pp. 461-462). [C. C.]
1986
Una storia
Il «difetto di moralità» che genera quella fragilità con cui spesso si vive la compagnia di Cristo ha la sua origine in un’assenza di esistenzialità della coscienza d’appartenenza. Questa mancanza di memoria si documenta attraverso due fattori: l’assenza del sentimento di appartenenza e l’assenza di desiderio di cambiamento. Come si può vincere quest’assenza? Innanzitutto, attraverso la lotta per la stima che si traduce in tre aspetti: la preghiera, cioè la domanda di appartenerGli; la meditazione, ossia il paragone e lo studio di ciò che abbiamo incontrato; infine, l’allenamento al sacrificio. In secondo luogo, occorre l’esercizio del giudizio, ossia non archiviare la realtà ma paragonare tutto alla luce dell’incontro.
Il punto rosso
Il punto rosso nella raffigurazione dell’Icaro di Matisse è il segno di un’ispirazione e, dunque, della dipendenza da qualcosa d’altro da sé. L’appartenenza alla compagnia genera una presenza che svolge il servizio più grande che si possa fare all’uomo, ossia fargli incontrare la realtà di cui la sua vita vive e per cui la sua vita è fatta: Cristo. L’ethos dell’appartenenza provoca quello che il Vangelo chiama metanoia: è un cambiamento nel modo di percepire la realtà e, nel tempo, questo si traduce in una cultura nuova e nei relativi tentativi di attuazione. L’opera, infatti, è eminentemente una traduzione di una posizione culturale. Riconoscere che c’è una realtà più concreta di quella che semplicemente appare significa riaprire il problema umano. Infatti, la riapertura del problema umano è il riconoscimento di questo Tu, realtà che l’uomo non può dominare col suo pensiero e governare con le sue azioni. La questione rimarrebbe ad ogni modo vaga se questo Tu non fosse diventato una presenza nella storia. L’opzione fondamentale, quindi, è riconoscere che la propria vita appartiene a quest’uomo: “Senza di me non potete far nulla”. Diventa decisiva, quindi, la domanda: quale parte ha nella nostra vita questo Tu? Occorre fare attenzione a tre possibili pericoli: la solitudine, che significa non percepire la realtà; il possibile sdoppiamento, ossia un’appartenenza parziale, per la quale la compagnia come logica di gruppo va bene, però la valvola di sicurezza della vita è altrove (donna, esami, lavoro, salute) e considerare un’esagerazione il “sottomettersi” al movimento, nel senso che si accetta la compagnia fino a quando si può godere di alcuni risultati
1987
Chernobyl
È come se i giovani d’oggi fossero stati tutti investiti dalle radiazioni di Chernobyl: l’organismo, strutturalmente, è come prima, ma dinamicamente non è più lo stesso. Vi è come un plagio fisiologico operato dalla mentalità dominante. Si comprende ciò dal fatto che, da un lato, si è astratti nel rapporto con se stessi – quasi affettivamente scarichi – e, dall’altro, ci si rifugia nella compagnia come in una protezione. Il potere realizza in noi un’estraneità da noi stessi. Per questo è fondamentale rispondere alla domanda: “Dove ci si può ritrovare?”. La persona riscopre se stessa in un incontro vivo con una presenza capace di fargli rinvenire la propria originalità: ragione (coscienza del senso) e affettività (inesauribile tensione ad esso). Il potere ha proprio come programma quello di far perdere la semplicità della natura della persona. In questo senso, si capisce come tutto il problema morale consista nel non esser complici del potere, cioè nel non sottrarsi all’attrattiva offerta dall’ideale. Questo avviene solo se ci si coinvolge con i volti della compagnia che è stata tramite dell’incontro, perché è quest’ultimo che contiene la misura del nostro rapporto con la realtà. Perdere questa misura è il peccato, che ha come conseguenza una distanza dalla realtà. Compromettersi con la compagnia significa, in termini pedagogici, seguire questa indicazione: “Cercate ogni giorno il volto dei santi e traete conforto dai loro discorsi”. In altri termini si tratta di una dinamicità nuova nei confronti della realtà, che nasce da un giudizio nuovo (paragone con il criterio di valore, Cristo misura di tutte le cose). Questo significa vivere la vita come amore: «La ragione del mio vivere è affermare Te».
La persona e il potere
Nella vita c’è un momento (kairós) che ha ridestato la nostra persona, che ha agito su di noi come presentimento del vero e a cui si può applicare l’aggettivo “bello”. Questa bellezza, cioè verità presentita, muove e fa entrare in una compagnia. L’incontro, infatti, per sua natura apre a una compagnia. La caratteristica fondamentale dell’entrare in questa compagnia è che incomincia un’avventura nuova e s’inizia a imparare. Il pericolo, infatti, sarebbe entrare in questa compagnia senza la coscienza che si tratti di un’avventura, che significa poi avere la coscienza che c’è qualcosa che sta per venire. Senza questa consapevolezza la compagnia diviene il luogo del possesso e della pretesa. Se il soggetto che entra nella compagnia è la persona ridestata, questo si esprime attraverso due caratteristiche: nel giudizio, cioè l’incontro diviene criterio e nello stesso tempo paradigma e nell’affettività, cioè nell’energia di adesione alla realtà e di permanenza. C’è spesso una frattura tra la commozione per l’incontro fatto e l’implicazione con la compagnia. In cosa consiste questa rottura? Innanzitutto, si tratta di una debolezza affettiva che implica una facilità a dimenticare la domanda che l’incontro ha destato (si tratta di una cosa diversa dall’incoerenza); vi è poi la distrazione, cioè l’assenza di coscienza della sproporzione; da ultimo, c’è il potere che esalta la distrazione e teorizza il cedimento che la debolezza affettiva opera. Per colmare la frattura tra commozione e implicazione, due sono le dimensioni essenziali della vita: da un lato, la povertà dello spirito che si verifica nell’unità con la compagnia come cammino storico; dall’altro, la lotta al tiranno, ossia l’ira contro la menzogna. Il modo migliore per lottare contro la mentalità dominante è porre le domande vere, quelle a cui ha ridestato l’incontro.
Tutta la vita
“Accordandoci i beni che passano, tu ci sospingi al possesso della felicità che permane”: questa è l’idea dell’uomo e della vita propria dell’esistenza cristiana. Tutto è bene ma passa e, tuttavia, non finisce nel nulla. Questo limite inerente a tutte le cose è dato per sospingerci al possesso della felicità che permane. La realtà, perciò, è sì un passaggio, ma tale concetto non è per nulla negativo; al contrario esso svela il carattere avventuroso. Al posto del concetto di passaggio si può usare quello di segno, anche se con una redenzione del suo significato che non esiste nella vita solita. Infatti, «segno» normalmente si riferisce a qualcosa che, una volta raggiunto, si abbandona. Nel cristianesimo, invece, il termine segno indica l’anticipo di qualcosa. Tutto il lavoro della compagnia è su questo punto: imparare a vivere la bellezza delle cose transitorie in modo tale che non imprigionino, ma siano cammino. Perché questo accada, è necessario un cambiamento di mentalità. Ciò che permette questo cambiamento è la compagnia, perché questa compagnia è il Signore che diventa presenza. Non si può restare a lungo nella compagnia senza che la corrispondenza ottenga la sua verifica nell’orizzonte della persona, cioè diventi personale convinzione. Diversamente la compagnia è un’alienazione, così, anziché mobilitare il soggetto, lo esaspera. Ad ogni modo, se si guarda a come la compagnia si è presentata nella vita, occorre notare che la parola centrale è quella di «incontro». Infatti, il più grande fatto della vita non è l’esistere, ma l’incontro, perché quest’ultimo identifica quell’impatto temporale-spaziale in cui il presentimento della positività dell’Essere si è palesato. L’appartenenza a questa compagnia, infatti, investe la totalità della vita proprio perché essa è il luogo in cui posso essere me stesso. Allora, appartiene alla compagnia chi ne segue il cammino storico, senza ridurla ai propri pensieri. In questo senso si capisce che l’appartenenza alla compagnia pone ognuno nella responsabilità diretta verso l’inizio degli inizi, ossia verso il carisma originale. E il carisma originale ha una sua salvaguardia in chi ha la responsabilità di guidare il tutto.