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12/03/2020
Riedizione dell’opera Il rischio educativo (Rizzoli 2005).
Il testo di Giussani è invariato (corretti alcuni refusi nel testo e nelle note, in particolare si segnala la nota 39, 2005 e 2014, p. 92), è stata però aggiunta la Nota di edizione che riassume in breve le complesse vicende editoriali di questo scritto (p. 4).
L’opera Il rischio educativo è pubblicata per la prima volta da Jaca Book nel 1977 e successivamente rieditata nel 1988 (Jaca Book), nel 1994 (nel secondo dei due volumi che raccolgono gli scritti dell’Autore pubblicati da Jaca Book; Opere: 1966-1992. Vol. 2: Il rischio educativo, pp. 481-555) e nel 1995 (nel volume miscellaneo Il rischio educativo: Come creazione di personalità e di storia, SEI, 1995, pp. 3-56; quest’ultima pubblicazione contiene anche altri testi dell’Autore sul tema dell’educazione dei giovani).
Nel 2005 viene riproposto, per i tipi di Rizzoli, il nucleo originario dell’opera (che corrisponde alle parti “Dinamica e fattori dell’avvenimento educativo”, “Crisi e dialogo” e “Struttura dell’esperienza”, dell’edizione Jaca Book, 1977, pp. 11-95), con gli aggiornamenti voluti dall’Autore per le edizioni successive: il capitolo “Spunti introduttivi” aggiunti nell’edizione Jaca Book, 1988 (“Spunti introduttivi per la nuova edizione”, 1988, pp. 9-29; Rizzoli, 2014 e 2005, pp. 41-64); la Prefazione di Nikolaus Lobkowicz e l’“Introduzione” di Giussani redatte per l’edizione SEI, 1995 (2014 e 2005, pp. 5-38; SEI, 1995, pp. VII-XXV).
In occasione della ripubblicazione Rizzoli è stato operato un importante lavoro di revisione. Rispetto alle precedenti pubblicazioni sono stati espunti la Nota di edizione al volume Jaca Book 1977 (1977, pp. 9-12; 1988, pp. 33-35) e la parte “Conversazione con Luigi Giussani” (1977, pp. 97-110; 1988, pp. 101-111; SEI, 1995, pp. 157-162); i capitoli “Viterbo 1977” e “Insistenza”, presenti nella miscellanea edita da SEI nel 1995 (pp. 57-173). Inoltre, alla pagina 126 è stato corretto un errore presente in tutte le edizioni successive alla prima: il “Nota bene” che era stato erroneamente spostato in nota (Jaca Book, 1988, p. 95; SEI, 1995, p. 53) è stato riportato nel testo, dove si trovava nell’edizione Jaca Book del 1977 (p. 89).
La struttura del testo (suddivisione in capitoli e paragrafi) è quella dell’edizione SEI, 1995.
Il volume è stato pubblicato nel luglio 2005, successivamente alla morte dell’Autore avvenuta il 22 febbraio di quell’anno.
L’“Introduzione” (2014 e 2005, pp. 15-38) è la rivisitazione dell’intervento di Giussani alla conferenza “Un esempio di comunicazione religiosa”, tenutasi a Milano il 10 marzo 1995 in occasione del Salone del libro religioso. Prefazione e “Introduzione” sono state pubblicate in Litterae Communionis-Tracce (8 1995: inserto. Con successive traduzioni) con il titolo “Il rischio educativo. Come creazione di personalità e di storia”; brani dall’“Introduzione” sono stati pubblicati col titolo “Meglio educare che reprimere” in Il Giornale (24 settembre 1995, p. 16) e “Giussani, la sfida di educare” in La Stampa (6 ottobre 1995, p. 20).
Segue il testo “Il rischio educativo” nella stessa forma (suddivisione capitoli e paragrafi) in cui è stato proposto da SEI (“Parte prima. Il rischio educativo”, 1995, pp. 3-56), comprensivo quindi degli “Spunti introduttivi” (2005, pp. 41-64) stesi nel giugno 1986 per l’edizione del testo in lingua francese (Le risque éducatif, Nouvelle Cité, 1987, pp. 7-25) e inseriti nella riedizione italiana del 1988 (“Spunti introduttivi per la nuova edizione”, in Il Rischio educativo, Jaca Book, 1988, pp. 9-29). Il paragrafo “Tempi e contesti nell’attuazione di un metodo” (pp. 58-64), relativo a questa parte introduttiva, è stato pubblicato anche in Realtà e giovinezza. La sfida (SEI, 1995, pp. 158-161. Nuova edizione: Rizzoli, 2018, pp. 199-203) con il titolo “Ragione e compagnia”.
Il capitolo primo “Dinamica e fattori dell’avvenimento educativo” (pp. 65-110) è l’edizione riveduta e corretta dall’Autore del testo Adolescente, famiglia, scuola estratto dall’Enciclopedia dell’adolescenza (a cura di A. Valsecchi, Editrice Queriniana, 1965, pp. 263-286), ma riprende anche scritti del 1960.
L’origine del testo “Crisi e dialogo”, che costituisce il capitolo secondo, (pp. 111-125) è l’intervento di Giussani al IX congresso C.I.S.S. (Centro Italiano Stampa Studentesca) svoltosi a Loreto nel novembre 1963; il testo è stato pubblicato negli Atti del IX congresso C.I.S.S. (fascicolo monografico di Bollettino del Centro Italiano Stampa Studentesca, 1963) con il titolo “I giovani per la costruzione di una società nuova”. Nel 1964, dopo attenta revisione (aggiunta la “Conclusione” – Rizzoli, 2005, pp. 124-125 – e il titolo dei paragrafi, espunte alcune parti esemplificative), lo scritto è stato pubblicato con il titolo “Crisi e dialogo” nella rivista Okara (7 1964: pp. 3-5). Nel 1977 infine è confluito nella prima edizione del Rischio educativo (Jaca Book, 1977, pp. 67-86; espunto il penultimo periodo della parte intitolata “Situazione di oggi”, 1964, p. 5; 2005, pp. 123-124); il testo è presente in forma identica nelle edizioni Jaca Book 1988 e 1994 e nel volume miscellaneo SEI, 1995. Nella presente edizione il paragrafo “Dialogo” è intitolato “Apertura dialogica”, come nell’edizione 1977 (1977, p. 79; 2005, p. 120).
Il capitolo terzo “Struttura dell’esperienza” (pp. 126-132) è il testo del libretto L’esperienza (Gioventù Studentesca, 1963) scritto in risposta a una lettera dell’allora cardinale di Milano G.B. Montini, già presente nelle edizioni del 1977 e del 1988 e ripubblicato nel gennaio 1988 in Il Sabato con il titolo “L’esperienza del Mistero” (16, 1988, p. 18), nel 2002 in Litterae Communionis-Tracce con il titolo “L’esperienza” (4 2002: inserto. Con successive traduzioni) e nel 2009 in Litterae Communionis-Tracce con il titolo “La struttura dell’esperienza” (10 2009: inserto. Con successive traduzioni). Nel 1964, il paragrafo “L’esperienza cristiana” (punti a, b, c; 2005, pp. 130-132) è riportato anche in Appunti di metodo cristiano all’interno del paragrafo “L’incontro come esperienza” nel volume miscellaneo Il cammino al vero è un’esperienza (Rizzoli, 2006, pp. 155-157; prima edizione Appunti di metodo cristiano, Gioventù Studentesca, 1964, pp. 44-45).
Chiudono il volume gli indici (pp. 133-140). [P. M.]
Il grande problema di ogni società umana è l’educazione dei giovani, perché è attraverso essi che se ne costruisce il futuro. In che cosa consista e come si svolga la loro educazione diventa, dunque, il tema fondamentale di una preoccupazione comunitaria.
Scopo essenziale di ogni impegno educativo è far emergere l’umanità del singolo, e innanzitutto quel «cuore», di cui parla la Bibbia, inteso dall’Autore come «complesso di evidenze ed esigenze originali» di cui ogni individuo è dotato. Il cristianesimo è impegnato nella medesima dinamica. La sfida che esso è chiamato a raccogliere è, infatti, quella di mostrare la suprema razionalità della fede, cioè la sua insuperabile pertinenza e capacità di corrispondenza alla vita in tutti i suoi aspetti e in tutte le sue costitutive attese. Per questo è essenziale riscoprire un metodo mediante il quale comunicare in modo ragionevole, cioè adeguato, la fede, e favorire una verifica di essa nella vita.
Dinamica e fattori dell’avvenimento educativo
Cosa si intende per «educazione»? «L’educazione – osserva l’Autore – è una introduzione alla realtà totale», dove quel «totale» indica sia lo sviluppo di tutte le strutture di un individuo sia l’affermazione di tutte le possibilità di connessione attiva di quelle strutture con tutto il reale. La realtà, tuttavia, non è mai veramente affermata, se non lo è anche l’esistenza del suo significato. Non vi è perciò alcuna educazione senza comunicazione di un’idea di significato che all’individuo in formazione si presenti adeguatamente solida, intensa, sicura.
I fattori essenziali che descrivono, secondo l’Autore, la dinamica educativa sono: la lealtà con la tradizione, la figura di un’autorità che sappia comunicarla e la verifica personale dell’ipotesi. Se si intende con il termine «tradizione» quella struttura di valori e di significati in cui l’individuo nasce, la leale adesione ad essa è la prima suprema direttiva dell’educazione. Senza tradizione, infatti, l’uomo non potrebbe muovere alcun passo nel mondo e il formarsi della sua personalità sarebbe affidato ad una spontaneità evolutiva.
Perché la forza della tradizione diventi persuasiva nella vita occorre, però, che essa sia veicolata dall’esistenzialità di una proposta, dalla figura di un’autorità nella quale si incarni con evidenza, dando ragione di sé. L’autorità non è perciò qualcosa di estraneo, che si aggiunge alla vita di chi è oggetto della proposta educativa, ma è in un certo senso il vero «io» dell’educando. Autorità sono, in primo luogo, ne siano coscienti o no, i genitori. In continuità con il loro compito vi è poi quello della scuola: funzione degli insegnanti, appunto, è offrire un’ipotesi da verificare nel confronto con tutto.
Per rispondere efficacemente all’esigenza educativa occorre, infine, che l’educatore susciti nell’adolescente un impegno personale a verificare la proposta di significato che lo raggiunge. L’adulto deve cioè sollecitarlo al «paragone» continuo fra essa e ciò che gli capita. Solo se l’idea abbracciata o ricevuta viene scoperta in connessione vitale con le proprie situazioni, essa può diventare convinzione.
La prima condizione di tale verifica è che l’adolescente sia sostenuto a scoprire la verità della proposta nell’ambiente in cui si trova. È solo in esso, ossia nel contesto culturale e sociale in cui vive e da cui la sua persona riceve spunti, sollecitazioni e sfide, che diverrà chiara la validità dell’educazione data. La seconda è che sia compiuta non in modo solitario, ma comunitariamente; la comunità, infatti, non è solo una convergenza esteriore, bensì una dimensione essenziale della persona. La terza condizione è che implichi l’uso del tempo libero: una proposta è veramente abbracciata, se incide sul modo con cui l’adolescente usa il tempo libero, quello di cui egli può disporre come vuole. È in esso, infatti, che l’ideale diventa responsabilità coscientemente assunta.
Nella verifica della proposta educativa sono implicate tutte le dimensioni della persona (un’ipotesi di significato è vera, infatti, se risponde a tutte le esigenze originali dell’essere umano e ne attua lo sviluppo): la «cultura», in quanto esigenza di una spiegazione totale della realtà; la «carità», in quanto esigenza di una radicalità assoluta nell’amore; la «missione», in quanto esigenza di una totalità di orizzonti per cui l’umanità dell’adolescente è fatta.
Ora, l’evolversi dell’autonomia dell’adolescente rappresenta per l’intelligenza e il cuore (e anche per l’amor proprio) dell’educatore un «rischio». Ma è solo da questo amore alla libertà fin nel rischio che si genera nel giovane una personalità matura. L’educatore, come tale, è chiamato perciò a ritirarsi dietro la figura dominatrice della Verità unica cui si ispira, a non legare a sé, ma a qualcosa di più grande di sé da cui egli stesso dipende e di cui egli stesso vive. Al termine del processo educativo egli ha introdotto l’educando alla realtà. Tocca al giovane proseguire il cammino nella salda convinzione della positività delle cose e nella certezza del loro significato. Questo è l’inizio di una nuova compagnia tra educatore ed educando, come permanente e reciproco aiuto ad aderire al richiamo dell’essere in ogni istante dell’esistenza, per lavorare insieme, fianco a fianco, alla costruzione di un destino che tutti riunisce.
Crisi e dialogo
«Crisi» e «dialogo» – l’Autore lo sottolinea nel secondo capitolo – sono i due fattori rilevanti all’interno di ogni cammino educativo. La parola «crisi», percepita dalla mentalità dominante in senso negativo, come se automaticamente coincidesse con dubbio e negazione, è legata alla parola «problema». Nel cammino di ogni persona, il dato di partenza o «tradizione» deve ad un certo punto entrare in «crisi», ossia diventare «problema»: in altre parole, di fronte agli interrogativi posti dalla vita, il giovane è chiamato personalmente ad esaminarla e a vagliarla, per poterne apprezzare nuovamente i valori e abbandonare quello che valore non è.
«Dialogo» indica, invece, il rapporto con l’altro, riconosciuto come essenziale alla propria crescita. Ma il dialogo è tale solo quando ognuno porta la «coscienza di sé» e si pone in un atteggiamento di «apertura» verso l’altro. Senza questi due fattori, si corre un pericolo gravissimo: confondere il dialogo con il compromesso.
Struttura dell’esperienza
Nel pensiero dell’Autore, infine, risulta fondamentale il concetto di «esperienza», percepita come il «vivere ciò che fa crescere». Essa connota l’accorgersi di crescere, e implica quindi la capacità di capire e la capacità di amare. Ciò che caratterizza l’esperienza, allora, non è tanto il fare, quanto il capire una cosa, lo scoprirne il senso, un senso che non creiamo noi e al quale si tratta di aderire. Il luogo dell’esperienza è la «natura», la cui caratteristica è di costituire una trama organica e gerarchica di sollecitazioni all’esigenza di unità presente in ogni persona. Ciò che ostacola questa tensione all’unità è isolare un singolo aspetto dell’esistenza dal suo rapporto con il tutto. La vita diventa, così facendo, un seguito di parzialità disarticolate.
L’intervento di Cristo nella storia ha avuto la funzione di richiamare Dio come ultima implicazione dell’umana esperienza, la religiosità come dimensione inevitabile di una vita autentica. Ma l’eccezionalità di Cristo non sta tanto nel fatto che Egli sia un richiamo al Mistero, quanto nel fatto che il suo avvenimento costituisce la presenza fisica di quel significato ultimo della storia. Così, il rapporto che incrementa l’essere umano non ha più soltanto la natura come luogo ma ne ha anche uno «soprannaturale» e storico allo tempo stesso: la Chiesa, Corpo mistico di Cristo.
L’esperienza cristiana è dunque una unità in atto risultante da tre fattori: a) l’incontro con un fatto obiettivo, la cui realtà esistenziale è quella di una comunità sensibilmente documentata; b) il potere di percepire adeguatamente il significato di quell’incontro, cioè la grazia della fede; c) la coscienza della corrispondenza tra il significato del Fatto incontrato e il significato della propria esistenza, il suo destino ultimo. È in questa «verifica» che, nell’esperienza cristiana, la grazia divina valorizza la ragione dell’uomo e l’umana libertà dimostra tutta la sua statura. Tutto il dramma della libertà consiste nel vivere quella «povertà di spirito» che sola permette di accogliere il fatto di Cristo.