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24/04/2019
Giussani, Luigi. La convenienza umana della fede. A cura di Julián Carrón. Cristianesimo alla prova, 2. Milano: BUR Rizzoli, 2018.
Secondo volume della nuova serie “Cristianesimo alla prova” in cui sono riprodotte le lezioni, i dialoghi e le omelie dell’Autore durante gli Esercizi spirituali della Fraternità di Comunione e Liberazione.
Come si legge nell’ampia Nota editoriale, i testi sono stati redatti a partire da trascrizioni di registrazioni. Questo metodo si è reso necessario per il fatto che Giussani ha svolto lungo il corso della sua vita un’instancabile attività educativa, è accaduto quindi che gran parte del suo pensiero si sia comunicato attraverso la ricchezza e il ritmo di un discorso orale e sia giunto a noi mediante registrazioni audio e video conservate presso l’Archivio della Fraternità di Comunione e Liberazione a Milano.
I testi raccolti nel presente volume sono stati elaborati attenendosi ai criteri formulati a suo tempo dallo stesso Giussani: fedeltà ai discorsi nella forma in cui sono stati pronunciati; rispetto della natura dei discorsi (in relazione all’occasione in cui sono stati pronunciati); minime variazioni per favorire la resa scritta di un pensiero comunicato oralmente (cfr. p. 6).
Apre il volume la Prefazione di Julián Carrón dal titolo “Nacque il tuo nome da ciò che fissavi” (pp. I-XVII).
Gli scritti proposti coprono un arco di tempo di tre anni: dal 1985 al 1987.
Ogni parte è introdotta da una breve nota storica a cura dei redattori, in corsivo nel testo.
La prima parte, “Ricominciare sempre: 1985” (pp. 7-113), riporta gli Esercizi della Fraternità che ebbero luogo a Rimini nel marzo 1985. Per far fronte all’aumentato numero di partecipanti, gli Esercizi si tennero in due turni, a distanza di una settimana l’uno dall’altro (15-17 e 22-24 marzo).
Come dichiarato (p. 11), fatta eccezione per il primo paragrafo, l’“Introduzione” propone quanto detto al secondo turno (pp. 11-20); si tratta di un testo inedito. Gli scritti restanti, invece, riguardano il primo turno.
Alcune parti del volume hanno avuto precedenti pubblicazioni:
- A breve distanza dagli Esercizi, fu editato un libretto pro manuscripto destinato alla circolazione interna al Movimento: Esercizi Spirituali della Fraternità di Comunione e Liberazione: Appunti dalle meditazioni (TIEMME, 1985. Testi non rivisti dall’Autore). In esso sono riportate le sintesi delle lezioni tenute dall’Autore.
L’“Introduzione” (1985, pp. 3-4) corrisponde a parte dell’“Omelia” durante la messa del venerdì sera (BUR, 2018, pp. 21-23).
La “Prima lezione” tenuta il sabato mattina (1985, pp. 5-14) corrisponde a parte del testo “Apparteniamo a un Altro” (2018, pp. 24-40).
La “Seconda lezione”, svoltasi il sabato pomeriggio (1985, pp. 15-28), corrisponde a parte di “Vivere l’ideale nell’istante” (2018, pp. 41-66).
La “Terza lezione” (1985, pp. 29-36) corrisponde a parte del capitolo “La vera convenienza” (2018, pp. 93-113).
Nella nuova pubblicazione BUR, 2018, sono stati corretti i refusi presenti nel testo del 1985.
- Nel 2002 parte della terza lezione è stata pubblicata anche nel volume L’opera del movimento: La Fraternità di Comunione e Liberazione: In occasione del ventesimo anniversario del riconoscimento pontificio con il titolo “Esercizi della Fraternità, primo turno, 15-17 marzo 1985” (San Paolo, 2002 e 2011, pp. 78-81. Con successive traduzioni).
Nello stesso volume è stata pubblicata in forma integrale anche l’“Assemblea” (2018, pp. 73-92) svoltasi sabato (“Esercizi della Fraternità: Primo turno, 16 marzo 1985”, San Paolo, 2002 e 2011, pp. 183-198. Con successive traduzioni).
Sono invece testi inediti il breve paragrafo “Avvisi” (2018, p. 23), l’“Omelia” del sabato e quella della domenica (BUR, 2018, pp. 67-72, pp. 110-113).
La seconda parte, “Il volto del Padre: 1986” (pp. 115-199), riporta gli Esercizi svoltisi a Rimini dal 4 al 6 aprile 1986. Anche in quell’anno gli Esercizi si tennero in due turni per soddisfare le numerose richieste di partecipazione. Giussani fu presente a partire dal sabato mattina perché la sera del 4 aprile era stato ricevuto in udienza privata da Giovanni Paolo II (cfr. p. 116). I testi qui pubblicati si riferiscono al primo turno.
- Una sintesi delle lezioni fu pubblicata quello stesso anno in un libretto pro manuscripto destinato alla circolazione interna al Movimento: Esercizi Spirituali della Fraternità di Comunione e Liberazione: Appunti dalle meditazioni (TIEMME, 1987. Testi non rivisti dall’Autore).
Il capitolo “Prima lezione: sabato 5 aprile mattino” (1986, pp. 5-16) propone in forma sintetica i testi pubblicati nel presente volume con i titoli “Introduzione alle Lodi” e “La coscienza del Padre” (BUR, 2018, pp. 117-145).
La “Seconda lezione” (1986, pp. 17-28) è la sintesi di quanto detto il sabato pomeriggio e corrisponde a parte del capitolo “Nacque il tuo nome da ciò che fissavi” (2018, pp. 146-170).
La “Terza lezione” (1986, pp. 29- 42) è la sintesi di quanto detto la domenica mattina e corrisponde a parte del capitolo “Icaro, il rapporto con l’infinito” (2018, pp. 171-197).
- Alcuni brani, tratti dalle lezioni del sabato pomeriggio e della domenica mattina, nel 2002 sono stati pubblicati in L’opera del movimento: La Fraternità di Comunione e Liberazione (“Esercizi della Fraternità: 4 - 6 aprile 1986”, San Paolo, 2002 e 2011, pp. 82-87; BUR, 2018, pp. 162-163, pp. 166-167, pp. 177-180, pp. 182-183).
Sono inediti l’“Omelia” del sabato, quella della domenica (BUR, 2018, pp. 167-170, pp. 198-199) e il testo “Avviso” (2018, pp. 197-198).
La terza parte, “Sperimentare Cristo in un rapporto reale e storico: 1987” (pp. 203-267), riporta gli Esercizi svoltisi a Rimini dal 13 al 15 marzo 1987. Essi si tennero in un unico turno, formula che non sarebbe più stata abbandonata.
Una versione sintetica di quanto detto durante le lezioni fu pubblicata nel 1987 nel libretto pro manuscripto destinato alla circolazione interna al Movimento: Esercizi Spirituali della Fraternità: Appunti dalle meditazioni (TIEMME, 1986. Testi non rivisti dall’Autore).
Il capitolo “Introduzione: venerdì 13 marzo, sera” (1987, pp. 3-7) propone in forma sintetica i testi editi nel presente volume con i titoli “Introduzione” e “Omelia” (BUR, 2018, pp. 205-211).
La “Prima lezione: sabato 14 marzo, mattina” (pp. 9-20) corrisponde a parte del testo “Come Zaccheo” (2018, pp. 215-236).
La “Seconda lezione: sabato 14, pomeriggio” (pp. 21-30) è la sintesi di quanto detto il sabato pomeriggio e corrisponde a parte del capitolo “Nella carità la memoria diventa opera” (2018, pp. 237-252).
La “Terza lezione: domenica 15, mattina” (pp. 31-38) è la sintesi di quanto detto la domenica e corrisponde a parte del capitolo “La gloria di Cristo” (2018, pp. 254-267).
Sono, invece, testi inediti i paragrafi “Avvisi” (2018, p. 211) e “Introduzione alle Lodi” (2018, p. 214, p. 253).
Il volume si chiude con le “Fonti” (p. 269), gli “Indici” (pp. 271-292) e il “Sommario” (pp. 293-295). [P. M.]
1985
Ricominciare sempre
Dentro la nostra carne grava il peso della fragilità e dell’incoerenza. Eppure dentro questa nullità persiste in noi il senso del destino che neanche l’educazione più pazza può togliere, ma che deve essere sviluppato, altrimenti si riduce a un corpo estraneo che ci schiaccia come piombo. È il grido di perdono che ci trasforma nuovamente, perché ci fa riprendere la serietà dell’inquietudine e ce la fa identificare col nostro cuore. Questo è possibile perché noi non ci apparteniamo, ma siamo di un Altro.
Solo l’incontro con Cristo rende organica la ricerca del significato e libera l’uomo, destinandolo a una gioia senza fine, incominciando dal presente. Innanzitutto genera una chiarezza di coscienza sulla paternità di Dio, che prima di ogni altra cosa è misericordioso; inoltre, combatte in noi la sorgente del peccato che si declina in dimenticanza, scetticismo e fiducia nelle opere delle nostre mani. Questa è esattamente l’alternativa: o amare Cristo e, nell’impeto dell’istante, abbracciare tutto il mondo oppure amare se stessi e allora, in questo modo, l’effimero non ha più storia. L’aiuto più grande per noi è l’autorità, perché non ci lascia mai tregua e ci ricorda che il polo di attrazione della vita è «Uno fra noi», Cristo. Ma non esiste autorità se non in funzione di una comunità, che è l’aspetto visibile e sensibile del fatto cui apparteniamo. Di fronte all’autorità e alla comunità ciò che dobbiamo sviluppare in noi è proprio la coscienza dell’appartenenza. Allora la regola della vita, anche davanti alle obiezioni, diventa la sequela, che significa non tanto ripetere degli schemi, ma rivivere in noi un atteggiamento di giudizio e di affezione in tutto.
1986
Il volto del Padre
Cosa accade quando mi faccio cristiano e mi sottometto al nome di Cristo prendendoLo come criterio normativo di ogni agire? Innanzitutto, emerge la consapevolezza che la mia vita dipende, istante per istante, dal Padre e che è in funzione del Padre. La coscienza di Cristo, infatti, era continuamente specchio del Padre: «Chi vede Me vede il Padre». Per l’uomo moderno la coscienza è il luogo dove si generano i propri criteri; per il cristiano, invece, la coscienza è il luogo dove uno cerca e ascolta la verità di un Altro. Pensare al Padre, come faceva Cristo, è dunque un modo vero di pensare alle cose: è lo sguardo più vero e più intenso che si porta alla moglie, ai figli, al lavoro, al bene e al male. Il peccato è il venir meno della tensione a far accadere la coscienza di questo rapporto senza il quale la vita è meno umana, meno ragionevole. Scegliere pro o contro tale coscienza dipende dal gioco della libertà che, insieme al mistero di Cristo, è il mistero più grande che ci sia. La libertà è espressione di se stessi anche nel sacrificio, che significa affermare non la propria misura, ma quella di un Altro: per riappropriarsi di tale rapporto occorre strapparsi dalla propria misura e tenere fissi gli occhi «dov’è la vera gioia»; questo sacrificio, come condizione della libertà, genera un amore autentico e fa sorgere tra gli uomini la vera fraternità, che è una vita di rapporti nella fede.
Ci sono figure, come l’Icaro di Matisse o come l’Ulisse dantesco, che rappresentano l’impeto del cuore umano che tende alla verità, ma che sono tragiche perché la condizione umana le rende incapaci di raggiungere la meta. Da quando però il Padre si è reso presenza questo è diventato possibile: Icaro è ora l’uomo che ha conosciuto il Signore e per questo vive lanciato nel rapporto con il cosmo e ogni suo gesto è misurato in rapporto con Dio. Ogni nostro gesto è una prigione se non è rapporto con l’infinito. Ecco perché dobbiamo restare attaccati alla nostra compagnia: in essa Cristo penetra il tempo e lo spazio e noi possiamo farne memoria ogni istante, nell’obbedienza, nella verginità e nella carità vicendevole.
1987
Sperimentare Cristo in un rapporto reale e storico
L’unica parola che dà speranza all’uomo è «Cristo». Quando Zaccheo si sentì chiamare per nome, in un istante si sentì liberato totalmente. Sarebbe tuttavia artificioso pensare che dopo quel momento non sbagliò più, eppure lui non fu più quello di prima. Siamo amati più di quanto sbagliamo; la risurrezione di Cristo ci ha liberati dal peccato così che il male, che pure in noi rimane, diventa occasione di dolore e di conversione a Lui. La sola cosa che dobbiamo fare è, allora, tenere fisso lo sguardo su Gesù: basta riguardarLo, ripensarLo e si è perdonati. La parola che Cristo ha usato per indicare questo tornare a Lui è «memoria». La moralità non è una capacità nostra, ma è la possibilità di Cristo in noi: il problema è quindi che quello che al fondo di noi già è presente si manifesti, e si manifesta quanto più facciamo memoria di Cristo.
La memoria, poi, non può non trasformarsi in «azione vivente». Sono tre i termini di questa “incarnazione” della memoria. Innanzitutto, la memoria diventa norma vivente in quanto purifica il rapporto con tutto, cioè rende più vero ogni gesto umano. Questa è la carità: l’amore alla grande Presenza senza la quale l’uomo si intorbida nei suoi tornaconti. In secondo luogo, la memoria si realizza nella pazienza, che è la certezza che Cristo compirà ciò che ha promesso. Infine, la memoria vissuta come norma, come purificazione, come amore all’ideale e come pazienza diventa presenza comunicativa, cioè movimento: una presenza tangibile, attenta ai bisogni concreti e generatrice di opere. Un’opera è prima di tutto il lavoro quotidiano vissuto nel suo nesso col disegno totale; questo, nel tempo, trasforma la società.
Noi siamo stati chiamati a far entrare nel mondo una nuova logica, che è la logica dell’amore. La più grande divisione nella storia della cultura umana è prodotta dalla formula «gloria di Cristo»: una vita guardata e affrontata per la gloria di Cristo stabilisce una posizione che non ha uguali. Se dunque la nostra personalità deve essere segnata da diverse flessioni rispetto agli altri, la prima di queste flessioni è il domandare che Cristo venga nella nostra vita. La seconda è l’intelligenza, che vuol dire che la nostra personalità deve avere un tipo di giudizio diverso da tutta la mentalità comune; e, terza, la personalità nuova ha una energia che si chiama libertà o affettività - conseguente a un giudizio -, il cui criterio resta la gloria di Cristo. Questo uomo nuovo vive due circostanze eterogenee tra loro: la compagnia e il dolore. È solo nell’umanità nuova che si sperimenta la pace, che nasce dalla letizia, e il sintomo che stiamo camminando è la gratitudine.